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03 gennaio 2006

Marinai.

Li sulla spiaggia il mare suonava
La più antica delle melodie
Era l'alba di un Maggio che tornava

Ad aspettarli giovani spose
E mamme con gli occhi in pianto
Coi cesti pieni di petali di rose

Nell'aria ...campane che suonano a festa
La nave in vista all'orizzonte
Il santo con la lancia in resta.

Cani randagi di un tempo ormai passato
Armati solo di coraggio
In viaggio dove nessuno aveva mai osato

Pescatori di mondi sconosciuti
Eccoli: angeli in volo planato
Ricchi di gloria e onori mai avuti
Nell'aria ...campane che suonano a festa
L'ancora è stata già buttata
Grazie a Dio è passata anche questa.

Ora la notte scende sui tetti
Dentro i racconti fantastici
Sopra stanche membra, sui loro petti
Ad ascoltarli ...giovani spose
E mamme con la gioia in cuore.
Nell'aria profumo di rose

Ora le campane scandiscono le ore
Si sentono le voci della notte
Si intrecciano i corpi ... con amore.

La mia passione per il mare mi accompagna fin dall'infanzia. È nata quando leggevo, ma sarebbe meglio dire "divoravo", testi di Salgari su pirati e corsari. È stata sostenuta dai documentari di Jacques Cousteau, che vedevo soprattutto con mio padre in televisione.
Già da allora mi ripromettevo che un giorno anche io avrei praticato immersioni e realizzato documentari. Mio padre commentava negativamente, era una passione per ricchi e superuomini. Non incoraggiava mai, ed è una abitudine che non ha perduto. A tal proposito è singolare sottolineare che pur essendo un buon nuotatore, non mi ha mai insegnato a nuotare e neppure ad andare in bicicletta ... lui che è stato corridore professionista!

Ho sempre dovuto cavarmela da solo.
Ho imparato ad andare in bicicletta a 13 anni. Un amico, che ne aveva una ormai vecchia, me la prestò per impratichirmi. Non ci riuscivo.
Gli chiesi: "Se la dovessi rompere..." mi rispose: "Non devi preoccuparti, tanto non mi serve più...". Sfidai me stesso, le mie paure, il mondo e mio padre in testa.

Sull'orlo di una discesa pazzesca, ansa di un argine di acque pluviali, mi feci il segno della croce e mi lasciai andare. Il resto è storia.
Feci lo stesso per imparare a nuotare. Una maschera a tutto viso che chiesi in prestito ad un amico, mi pare si chiamasse mentoniera, contribuì a darmi coraggio e a provare, in totale solitudine, a vincere le mie paure.
Mi trovai come d'incanto a galleggiare e il cuore che mi scoppiava dalla felicità. Con questo semplice sistema avevo imparato a nuotare, da solo.
È una tecnica che poi ho utilizzato, negli anni, per insegnare a galleggiare e poi a nuotare ad almeno una sessantina di persone.

Agli inizi degli anni novanta studiai per il brevetto di sommozzatore che ottenni dopo nove mesi di duro studio e preparazione fisica. Per alcuni anni produssi insieme a Fulvio C., un cugino di mia moglie, alcuni documentari subacquei che vinsero premi nazionali ed internazionali.

Capii però che nonostante la qualità professionale dimostrata, gli spazi per una carriera in quell'ambiente erano troppo limitati e il mediocre sodalizio artistico con Fulvio non mi aiutava a voler continuare.
Mi levai, comunque, una soddisfazione enorme: dimostrare a mio padre che ero stato in grado di produrre documentari subacquei perché credevo in me e perché avevo orgoglio da vendere. Non so se lui abbia recepito. Ad un certo punto della mia vita ho l'impressione che abbia cominciato a darmi per scontato, probabilmente trascurando l'aspetto legato al sacrificio per raggiungere un obiettivo. Manifesta, ad ogni modo, un certo orgoglio per alcune cose... con gli altri, così mi dicono.
brano tratto da "Coriandoli" - Gianni Piludu
Centro Studi Stampace Editore