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16 novembre 2009

Rai 3 - Rubrica Lèggere - Settembre 2006.

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e il mio editore non sapeva nulla! ...
Degli articoli, del servizio alla Rai... Comodo essere editori
e non interessarsi della promozione...
Una vera vergogna...
Si scrive su di me, se ne parla in televisione...
si organizzano presentazioni in più Università della Terza Età...
e lui non sa nulla... assolutamente nulla.
Che patetica figura. Tenetene conto.
Intanto ora è all'attenzione di un un nuovo editore per una
nuova pubblicazione!

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E' stato scritto per me...



http://giornaleonline.unionesarda.ilsole24ore.com/Articolo.aspx?Data=20060701&Categ=0&Voce=1&IdArticolo=1284870



http://giornaleonline.unionesarda.ilsole24ore.com/Articolo.aspx?Data=20091114&Categ=10&Voce=1&IdArticolo=2399739

07/07/2009

Saggi

I Saggi di Renzo Cau

di Franco Carlini

Scrittori sardi contemporanei, (Editrice MediaTre, 2009) di Renzo Cau, È una raccolta di 13 saggi di altrettanti autori. Si tratta di Sergio Atzeni, Efisio Cadoni, Franco Carlini, Giovanni Corona, Antonio Cossu, Gigi Dessì, Maddalena Frau, Franco Fresi, Efisio Lippi Serra, Angelo Mundula, Gianni Piludu, Antonio Puddu, Giuseppe Simbula. La raccolta va a formare un volume di 184 pagine che, in qualche modo, rappresenta la continuazione di un discorso iniziato con L’altra letteratura (1999). Anche nell’ultima esplorazione di Cau sulla letteratura in Sardegna sono compresenti autori universalmente noti e altri meno noti e qualcuno quasi sconosciuto al grande pubblico. Il primo merito dell’autore è il coraggio che solitamente manca al critico militante e allo storico della letteratura, che quasi sempre si guardano bene dal fare la prima mossa per accreditare il nome di un esordiente o di autori tenuti al margine della notorietà. Chi è abituato a mietere in campi lavorati e seminati da altri rifugge dai rischi insiti nelle novità e preferisce analizzare un’opera già dissodata. O attendere l’imbeccata di un premio o di una scoperta da oltre Tirreno.

Cau non ha di questi problemi. Se un’opera gli piace, si mette al lavoro. Armato di un gusto raffinato nutrito di una solida cultura, dal quale si lascia guidare, ma solo all’inizio, interviene poi con arnesi del mestiere puntualmente aggiornati, incurante delle indicazioni che possono venirgli dalla critica e dagli stessi autori. Non è presunzione, la sua, ma consapevolezza della necessità di andare a esplorare universi con i propri occhi, rifuggendo da inconsapevoli ripetizioni e luoghi comuni.

L’analisi dei testi si sviluppa sincronicamente su diversi piani, con sapienti intrecci e rimandi dall’uno all’altro: quello linguistico, quello retorico, quello filologico, col fine di far emergere uno stile e un filo conduttore che lui, quando c’è, riesce a seguire anche attraverso sequenze poetiche apparentemente lontane sia sul piano formale sia su quello dei contenuti. Lo scopo è anche quello di mettere a nudo una concezione dell’esistenza, un valore morale dominante o di qualsiasi altro genere. O la desolazione di un luogo e l’animo dell’autore che la rispecchia .

(Renzo Cau, nato a Sini, (OR), nel 1935, laureato in lettere classiche e filosofia, ha insegnato nei Licei classici e negli Istituti tecnici. Ha curato l’edizione della poesia di Giovanni Corona (Richiami d’amore, 1988, e Sassi sulla mia terra, 1992) e di Tempus bellus, di Francesco Onnis, 2003).

Nel 1999 pubblica L’altra letteratura, una raccolta di alcuni suoi saggi; nel 2006 L’Alto passo, due percorsi esegetici, sulla Divina Commedia, relativi ai canti XXVI dell’Inferno e XXXIII del Paradiso).


http://truncare.myblog.it/archive/2009/07/07/saggi.html

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02 marzo 2006

E' uscito!!! E' in edicola, nelle migliori librerie... puoi ordinarlo contattandomi o contattando l'Editore GIA (vedi link!)...

Per chi abita a Cagliari o può raggiungerla facilmente...
PROMEMORIA:



MARTEDì 7 MARZO 2006
ALLE ORE17.00

NELLA SALA CONGRESSI DELL'UNIVERSITA' DELLA TERZA ETA' DI CAGLIARI
VIA POLA 41/51

PRESENTERO' IL MIO ULTIMO LAVORO, IL LIBRO:

"...A QUEL PUNTO VOLAI VIA."
STORIE CHE PARLANO DELL'AMORE

NEL CORSO DELLA SERATA SARA' PROIETTATO IL CORTO

"DAVIDE"

DEL REGISTA CAGLIARITANO

Roberto PUTZU

TRATTO DA UNO DEI RACCONTI DEL MIO LIBRO...

INTERVERRANNO LA PSICHIATRA ALESSANDRA PIRAS E L'ATTRICE AGNESE BECCIU.

AVREI PIACERE DI AVERTI CON NOI ...





VI ASPETTO NUMEROSI....

03 febbraio 2006

Il suo modo di intendere la vita è poesia...



A giorni sarà pubblicato il mio secondo libro. Una raccolta di racconti che esplorano il tema dell'amore. La presentazione della raccolta è stata affidata ad un caro amico: Efisio Cadoni. La prefazione, invece, al Prof. Renzo Cao, critico letterario, che di Cadoni si è spesso occupato in passato fino ad inserirlo nell'antologia di scrittori sardi contemporanei "L'altra letteratura", opera curata dallo stesso Prof. Cao.
Scusate se è poco!
Efisio l'ho conosciuto per il tramite del mio editore alcuni anni fa.
E' un personaggio.
Unico.
Vi invito a conoscerlo meglio attraverso questa intervista, a mia firma, che venne pubblicata su "Il Campidanese" nel gennaio 2005.
Una sola, ultima, curiosità che non riportai nell'intervista: Efisio è cugino di Giuseppe Dessì (Il paese d'ombre) e tra i tanti libri da lui pubblicati uno si intitola: "Storie del paese d'ombre. A parole."


Pittore, scultore, poeta, scrittore, storico e ricercatore, giornalista e linguista. Qualcuno lo definisce polemista ( chi sostiene le proprie idee con spirito positivamente polemico e non un polemico in senso spregiativo, che ha tono aggressivo, provocatorio e manca d’obiettività ) ma lui non ci sta.

Preferisce definirsi poeta.

Non c’è scampo: ha ragione lui. Come non dargli ragione? Osservandolo attentamente ci si accorge che dietro quegli occhi azzurri, sotto quei canuti baffi, dietro l’imponente figura che ricorda Giovanni Fattori col suo borsalino in testa, c’è ancora l’anima di un bambino mai cresciuto con tutta la sua voglia di esplorare, scoprire e stupirsi ogni giorno.
Ecco, così, che anche la sua pittura diventa poesia e le sue famose streghe scolpite ( is cogas ) sono poesia.

Il suo modo di intendere la vita è poesia.

Ti colpisce l’umiltà che lo distingue nonostante il prestigio personale raggiunto attraverso i successi di un’esistenza spesa per l’arte.
Immergiamoci nel suo ambiente: il suo studio, la sua scrivania, sono un concentrato di spaventoso disordine dove, però, trovano posto alcuni suoi grandi amori: i libri, la collezione di penne, la collezione d’orologi da taschino …
A tal proposito mi viene in mente che qualche settimana fa, una fredda sera di dicembre, a casa sua tra gli altri ospiti era presente Benito Urgu. Notando alcuni vuoti nella bacheca che accoglie i suoi amati “cipolloni” Benito ne chiese il motivo.

- “Quando si sposa uno dei miei figli io regalo loro uno dei miei orologi, a scelta…”

E Benito con gli occhi da gazza ladra:

- “Io mi sono appena risposato a Cuba! Posso prenderne uno anch’io?”

Al primo piano della sua casa una pinacoteca personale con quadri di straordinari e famosissimi autori ( mi vengono in mente Paolo Glissardi, Antonio Ligabue…) che raccontano una vita d’incontri speciali, di una vita speciale.
Se è vero, come si dice, che le persone si conoscono meglio a tavola allora io sto imparando a conoscerlo bene. Ci finiamo regolarmente! E qui ci si racconta.
I confronti dialettici, le storie della sua vita, il suo amore per Villacidro sono stati il modo migliore per conoscerlo e imparare a capirlo, a tavola… tra una pietanza e una risata, tra un bicchiere di vino, di cui è buon intenditore, e una polemica costruttiva. Conosciamolo meglio insieme…

- Liceo classico, 14 esami in facoltà di giurisprudenza poi il matrimonio, nel ’71. Cinque figli e addio all’Università. Sono stato educato alla vita liberale, a nutrire uno spirito liberale, da un mio fratello che già quando ero ragazzo mi parlava di Abram Bergson, di Voltaire, di Cavour, del socialismo… e sono riuscito a conciliare queste mie convinzioni anche con persone che non la pensano come me. Fin dal liceo. Avevo un insegnante d’estrazione marxista che mi rispettava e che amava confrontarsi con me su questi temi.

La donna…

- Per sua natura è procreatrice e permette, attraverso i nostri figli, di continuare nel tempo. È fonte di sentimenti. I sentimenti d’ogni uomo sono legati alla donna.

Dio…

- È una presenza costante in ognuno di noi e non potrei mai rifiutarLo. Anche se non seguiamo completamente i suggerimenti di Suo Figlio, attraverso il Vangelo, Lui è sempre presente. Anche quando Gli andiamo contro.

Essere o Avere?

- È importante anche avere. Certamente meglio essere. Essere sinceri con se stessi, in particolare, essere convinti di fare bene e di fare del bene per gli altri. Non avere dubbi sul fatto di aver dato tutto di se stessi.

Oggi o Domani?

- Vivere il momento, sicuramente è bello e importante. In questo momento siamo insieme e questo ci fa piacere. Quello che facciamo oggi, però, deve avere senso per domani.

Cos’è la morte?

- La morte è l’inesistenza, non avere più rapporti con gli altri. Per un credente è solo un passaggio ad un’altra condizione, migliore di quella che ci appartiene.

La gioventù odierna…

- A me piace molto socializzare. Non faccio distinzioni d’età perché sto bene con tutti. I giovani, se ben guidati, possono contribuire più di quanto abbiamo fatto noi. Hanno i mezzi per poterci riuscire.

Quale potrebbe essere la tua eredità per i giovani?

- Se devo lasciare qualcosa, egoisticamente, direi la poesia. È l’unica cosa che aiuta a porsi dubbi e anche a superarli. Altrimenti un consiglio: essere sempre in pace con se stessi, pensare che viviamo in una società che non privilegia chiunque e che bisogna dare una mano a chi ha bisogno.

Tra tanti lavori, da tempo, Efisio sta realizzando un testo unico nel suo genere. Un vocabolario sui “falsi cambiamenti di genere” o, come ama definirli, sui vocaboli dissentanei, contrastanti. Quelle parole, vale a dire, che hanno un senso al maschile e uno diverso al femminile ( es.: porto, porta). Un compito che divide tra la campagna, le sculture, la pittura, il giornalismo.
Mi permetto, a questo punto, di esprimere il mio pensiero su quale può essere la vera eredità di Efisio. È questo continuo impegno, che accompagna il suo quotidiano. Un esempio da imitare, una strada da seguire: può dare senso alla nostra esistenza.

29 gennaio 2006

Soldato Blu


Il sole picchiava forte, quel giorno
E l'aria era pesante da respirare
Soldato blu scrutava da quel forno
Il suo destino era quello di sparare

La mente stanca, ed altre sigarette
E gli occhi vecchi per i troppo vegliare
Di questa guerra non si capiva un'ette
L'unico scopo era di non farsi ammazzare

Soldato blu, angelo della morte
Vento d'inferno che spazza tutto via
Soldato blu, cavalieri del tempo
Vengono armati con falci d'argento

E se pensare alla vita da civile
È un modo come altri per non impazzire
Pensare a questa vita fa scoppiare la bile
Il nemico li davanti è solo spazio da pulire

E quante anime lasciavano quel posto
Per quanti corpi abbandonati li a marcire
Lui lo sapeva, ormai questo era il costo
E da quel fosso li non si poteva fuggire

Soldato blu, angelo della morte
Vento d'inferno che spazza tutto via
Soldato blu, cavalieri del tempo
Vengono armati con falci d'argento

Signora morte è qui davanti a lui
Vestita di piume, colorata sul viso
si tratta di aspettare...è tutto ciò che puoi
Farà buona impressione un buon sorriso

Il sole picchiava forte quel giorno
E l'aria era pesante, quella di un forno.
Soldato blu con un sorriso in volto
Lasciava il profumo di un fiore appena colto.





brano tratto da "Coriandoli"
Gianni Piludu
Centro Studi Stampace Editore

28 gennaio 2006

I nostri figli sono la nostra eredità... parte seconda...

Mie figlie ed io abbiamo parlato.
Il silenzio di tanti giorni ha fatto il suo tempo.
Abbiamo chiarito e si sono scusate…
La morte improvvisa di questi ragazzi le ha troppo sconvolte.
Non sono riuscite a pensare ad altro…

Ho esagerato anche io… Ho peccato di egoismo.

Giulia mi ha parlato, e si è scusata, soprattutto attraverso una letterina di tre pagine scritte con la sua grafia rotonda e quasi indecifrabile.
Mi ha scritto che le è mancato parlare con me, in particolare della sofferenza per la scomparsa dell’amica…

So cosa prova. È successo anche a me, in passato, di veder morire miei coetanei…

Preferisco aspettare.

Sono ancora convalescente per l’intervento per la riduzione della miopia e sono concentrato sulla pubblicazione del mio nuovo libro che uscirà per San Valentino…

Quando sarò più sereno l’affiancherò come si conviene.

Il primo campeggio...


A diciotto anni feci l'esperienza del mio primo campeggio.
A Villasimius c'ero stato per la prima volta solo due settimane prima, per alcune serate di "Piano Bar" al Simius Playa. Ero incantato dalla bellezza di quei posti meravigliosi, ancora poco frequentati.
In quella occasione presi una sbandata per una ragazza francese veramente bella (la copertina di VOGUE di alcuni mesi prima la vedeva protagonista).
Ma cominciamo per gradi.
Partimmo in quattro: io, Roberto D., Mauro P. e Sandro A.
Campeggio libero!
Al nostro arrivo ci piazzammo vicini ad una tenda occupata da alcuni ragazzi di Monastir (CA). Io ero decisamente afono. La sera prima ero stato ad un concerto in piazza di musica reggae. Era di Emy Anderson, un cantante di colore giamaicano particolarmente famoso all'epoca e avevo gridato e urlato come si conviene in un simile contesto. Durante il frugale pasto (panini per cena!) i ragazzi di Monastir ci fecero notare una tenda canadese occupata da alcune belle donne arrivate due giorni prima. Prede impossibili, secondo loro ma non secondo me. Studiai, con Sandro, la possibilità di un approccio e decidemmo di invitarle per un caffè. Ci avvicinammo alla loro tenda e ...il risultato fu che loro si spaventarono e urlarono. A nulla valsero i miei tentativi, in inglese considerato che non parlavo francese, di spiegare che non avevamo cattive intenzioni. Tornammo sui nostri passi veramente preoccupati, e qualcuno gia parlava di possibili denunce a nostro carico, poi il miracolo: una di loro era ortofonista e, colpita dalla mia raucedine, decise di avvicinarsi insieme alle altre due per somministrarmi un fenomenale aerosol. Una volta chiarite le nostre buone intenzioni prendemmo un caffè insieme.
Giustificai la mia raucedine col fatto che ero stato invitato dal "mio amico Emy Anderson" ad un suo concerto e che mi ero sgolato cantando con la sua band. La sparai veramente grossa!
Loro conoscevano il cantante, ma fui creduto e mi guadagnai una certa simpatia.
Dal giorno dopo cominciai un corteggiamento stretto con il contributo di enormi stelle marine, che andavo a pescare al largo della spiaggia, caricature, ritratti e canzoni al chiaro di luna.
La nostra settimana volgeva al termine.
I vicini di tenda facevano a gara per invitarci a cena ogni notte. La chitarra era un buon traino, e il mio repertorio era vasto. Mauro ( mio alter ego alla chitarra ), a disagio per la vita da campeggiatore, ci aveva lasciati gia dal secondo giorno ma la cosa non ci creava problemi. Sandro propose un addio in grande stile.
Coi soldi risparmiati nel corso di una settimana di cene a scrocco comprammo carne, pesce, cioccolatini, vino e whisky.
La sera ci riunimmo intorno ad un grande falò, cenammo con piacere ed allegria e io continuai a corteggiare senza tregua. Risultato: prima riuscii a strappare un piacevole bacio all'ortofonista, poi vinsi ogni titubanza e mi dedicai alla sua amica modella, Anita.
Non c'era verso di convincerla a darmi un bacio. Mi dovetti arrendere e allora le offrii un bacio di cioccolato. Mi guardò con tenerezza mentre traducevo per lei il bigliettino. Fu così che si mise il cioccolatino tra i denti e mi offrì di addentarne la metà. E io lo trasformai in un bacio vero. Fu un lungo, tenero e dolce e mi rubò l'anima.
Poi, lei, come se si svegliasse d'improvviso, mi allontanò dolcemente dicendomi: "Non è possibile " . Aveva ventisette anni e la cosa la imbarazzava molto.
Passeggiammo fino all'alba mano nella mano, ma ci baciammo ancora ... teneramente.

Il giorno successivo partii in lacrime. Ci demmo appuntamento al porto di Cagliari per la settimana seguente.
Ad aspettarle ero andato con Mauro. Al loro arrivo ci abbracciammo tutti tra le lacrime. Lei era più bella che mai e io avrei voluto mollare tutto per partire con lei. Ad un tratto una delle tre francesi esclamò: "Ma quello non è Emy Anderson?!?" Avrei voluto scappare o peggio sotterrarmi o non essere mai esistito. Come al solito la mia faccia di bronzo mi salvò la vita!
Mi armai di un immenso coraggio e gli andai incontro felice e sorridente. Contavo sul fatto che aveva visto tanta gente nei giorni precedenti. Gli dissi:" Emy amico mio, come stai? È un piacere rivederti ancora in Sardegna, permettimi di presentarti le mie amiche " Lui convinto di conoscermi, e anche bene, mi venne incontro abbracciandomi come si fa con un vecchio amico, e mentre stringeva le mani alle francesi, io venivo calorosamente abbracciato dalle sue splendide coriste ...insomma, ne uscii alla grande!

L'ultimo ricordo di lei è un tenero bacio salato che ci demmo prima dell'imbarco.
I nostri occhi erano pieni di pianto.




brano tratto da "Coriandoli" - Gianni Piludu
Centro Studi Stampace Editore

15 gennaio 2006

I nostri figli sono la nostra eredità.

I nostri figli sono la nostra eredità.
Posso solo immaginare, forse, quanto dolore può provare un genitore davanti ad un evento tragico come quello della perdita di un figlio…

Tutto comincia con il progetto di volerne mettere al mondo uno. E con la paura di non farcela.
Tutte le complicazioni che comporterà alla tua vita, le rinunce cui andrai incontro, le notti insonni, l’aspetto economico, poi!
I figli costano!
Solo di pannolini… e le pappe? Poi crescono troppo in fretta! Le scarpine che hai acquistato solo poche settimane prima sono già piccole… e non sono l’unico problema, non si finisce più! Bisogna riflettere bene prima di mettere al mondo un figlio. Devi garantirgli una vita serena. Magari rinunciare a cose che t’interesserebbe fare... ma tuo figlio no! Lui non deve patire privazioni.
Sono miliardi i pensieri che t’impediscono di fare il passo o che rallentano la decisione.
Eppure il primo ingrediente, il più importante e unico davvero indispensabile, è l’amore.
Un figlio lo devi volere prima col cuore, poi con la testa. Tutto il resto verrà da sé.

Cominciai a parlare con la mia prima figlia già dal primo giorno in cui seppi che io e mia moglie ce l’avevamo fatta ( al secondo tentativo!). Le parlavo ogni giorno. Quel pancione cresceva e io comunicavo con lei parlandole come se fosse la cosa più logica e naturale. Lei era lì dentro, immersa nel liquido amniotico, e io dall’altra parte dell’universo, nel nostro mondo reale…
Quando nacque andai incontro a mia moglie, stesa sulla lettiga in sala pre-parto. Il fagottino, mia figlia, era adagiato sul suo braccio sinistro con la testina rivolta al viso della madre ma nel momento in cui sentì la mia voce quella testolina si voltò verso me, riconoscendone il suono. Era veramente bella. Non ebbi più dubbi: giusta scelta volere un figlio, allargare la famiglia.
I primi bagnetti, i dentini, le prime parole, la prima volta che sta in equilibrio, i primi passi, le prime note sul pianoforte… Arriva la sorellina, si trasforma in mammina responsabile, gli occhiali, il primo giorno di scuola, impara a scrivere e leggere, arrivano i caratteri sessuali secondari e la sua chiusura in riservatezza totale (al contrario della sorella che si apre a confidenze e a ricerca di complicità per l’evento!) i primi amori, le prime delusioni, i cellulari e gli infiniti ticchettii di dita frenetiche sulla tastierina che diffonde parole nell’etere sotto forma di sms…
Ho scelto, ed avuto la fortuna, di avere due figli: più precisamente sono padre di due ragazze…

Ho la certezza di aver creato le migliori condizioni perché loro non si debbano lamentare di avere un padre rompi… eppure non sono riuscito a sfuggire alle loro critiche e ad atteggiamenti, anche di sfida, che mi hanno messo molte volte in difficoltà.
I figli non sono mai soddisfatti dei genitori che hanno?
Non so rispondere. Io ho avuto e continuo ad avere un rapporto difficile coi miei genitori e, secondo me, ho creato le migliori condizioni per non far soffrire le mie ragazze per motivi analoghi.

Dal primo dell’anno non mi relaziono con loro. Evito di parlare con le ragazze a tavola o nel corso della giornata. Solo “Ciao” e “Buonanotte”.
Ho scelto di farlo perché sono stanco di dare e non ricevere. E non parlo di cose particolari: parlo d’amore e rispetto. Lo stesso che ricevono da me.
Per Capodanno sono andate ad Alghero. A mezzanotte le ho sentite fugacemente, poi ho mandato loro un sms. Il giorno successivo, in mancanza di contatti, ho telefonato alle 14.00. Ho svegliato Raffaella, ma Giulia era sveglia dalle 11.00. E non ha pensato di farci uno squillo? Non ha sentito il desiderio di sentirci?
Sono ragazzi… i tempi sono cambiati… devi capire… bla bla bla....

Quante volte mi sono sentito dire queste enormi cazzate. Ma l’amore? Dov’è l’amore? Dov’è quell’amore simile a quello che mi ha dato la forza di metterle al mondo, di educarle a crescere nel rispetto di valori unici e irrinunciabili come la famiglia? Perché l’indifferenza anziché l’amore?
2 gennaio. Sveglio dalle sei di mattina, a causa di un vento battente e pioggia fitta, il primo pensiero è per mie figlie che oggi dovrebbero rientrare. Sono preoccupato perché in passato sono uscito fuoristrada parecchie volte a causa della pioggia. Vado a lavoro e sul giornale leggo della tragedia di Tortolì. Una Jeep volata nel vuoto e tre giovani vite spezzate. Il pensiero che potevano essere mie figlie…
Una intera mattinata trascorsa ad attendere uno squillo per sapere quando sarebbero partite… nulla!
Alle 14 sono a casa e mia moglie mi comunica di aver parlato con loro e che sarebbero rientrate nel primo pomeriggio. Ma, dico io, uno squillo potevano farmelo. Possibile che da ieri (e le ho chiamate io!) non sentono il bisogno di sentire il padre?
- Beh… sai Giulia è sconvolta perché una sua amica è morta in un incidente stradale a Tortolì. Ho chiamato io ed è uno straccio...
Lo straccio sono io che non riesco a capire perché mie figlie non sentono la necessità di comunicare con me, di farmi uno squillo per tranquillizzarmi o solo per dirmi: “Ti voglio bene…”. Perché?
Ne parlo con mia moglie. E mi infervoro anche! Non lo accetto: Non sono un padre che si merita figli come questi. Lei annuisce, mi da ragione. Capisce che non è giusto ma cerca di collegarlo al fatto che è morta un’amica di Giulia. Vabbè! Ma l’altra sorella? Quella non poteva chiamare?
Vado a lavoro con i nervi a fior di pelle. Sono furibondo. Non ho ancora neppure parcheggiato che mi squilla il cellulare. È Raffaella. Respingo la telefonata. Entro in ufficio. Altro squillo. Respingo ancora. Terzo squillo. Respingo e chiamo mia moglie. “Non mi interessa che mi chiamino a seguito di un tuo intervento. Pretendo le loro scuse per questo atteggiamento ingiusto e inqualificabile.”
Mi arriva un sms. “Stiamo partendo. Baci…”
BACI? …BACI??? E che sono: il vicino di casa della loro amica? Ma scherziamo? Baci????
Non ci sto. Quando torno a casa mi vengono incontro per un fugace saluto. Poi spariscono. E le scuse? Ma non ci sono spazi per chiarire che così non si fa?... Pare di no.
Mi meraviglia mia moglie. Tranquilla.
E ridono e discutono di tante cose… io non sono oggetto di discussione, cazzetti miei… mi passerà. Il giorno dopo ( mi sono preso ventiquattro ore di tempo ) le cose non cambiano. Anzi mia moglie è ancora più “ciuciuciù” che mai con le ragazze. E allora chiudo il rubinetto anche con lei.
Sono trascorsi 15 giorni e nulla si muove…

I nostri figli sono la nostra eredità. Ma a me quest’eredità non piace.
Non sono l’immagine di ciò in cui credo io. Così non possono essere la mia eredità...



Gianni Piludu

14 gennaio 2006

Casa Lions: accoglienza malati oncologici.


Per ricostruire la sua storia ho visitato la struttura passeggiando insieme al Prof. Pitzus, quasi fossimo vecchi amici. Lo affermo perché per modi, toni e ospitalità è stato lui a creare, in pochi minuti, le condizioni migliori per mettermi a mio agio, quasi ci conoscessimo da sempre.

Com’è nata l’idea di creare questa struttura?

- La struttura è nata per particolare desiderio coniugi Marino, soci Lions.
L’idea dei Marino fu accolta con entusiasmo e sposata con un contributo di circa 700 milioni delle vecchie lire raccolti direttamente dai Lions Sardegna, Toscana, Lazio e Umbria (distretto 180L).
Nel 1994 il progetto prese corpo e lo stabile cominciò a nascere. Una successiva donazione di un miliardo e cento milioni permise di terminare l’opera.

Contributi esterni?

- Il Comune di Cagliari contribuì cedendo il terreno, di sua proprietà, e concedendo la licenza edilizia per la realizzazione di questo fabbricato che poi una legge assegnò all’ASL N. 8. L’ASL, a questo punto la restituì, con una concessione ventennale eventualmente rinnovabile, ai Lions.
Per poter costruire questo sogno, per realizzare quest’idea sono stati importanti i contributi di alcuni Enti pubblici: la CARIPLO, il BANCO DI SARDEGNA, L’Associazione Emopatici, la Provincia di Cagliari, La Regione. Attualmente, però, sono solo i contributi volontari della gente, anche col metodo del “passaparola”, che aiutano e sostengono.

Com’è strutturata Casa Lions?

- Richiama idealmente un albergo. C’è una reception, c’è una sala lettura e svago, ci sono camere confortevoli dotate d’ogni servizio tipico di un albergo tre stelle, e anche più. Il personale impiegato, nove persone a libro paga, vanta un alto grado di professionalità ed è in grado di superare ogni richiesta degli ospiti. Il compito di questa struttura è quello di offrire, a chiunque deve seguire controlli, praticare chemioterapia o cure radioterapiche (cicli ambulatoriali che impegnano dalle quattro alle sei settimane) o superare un trapianto di midollo osseo, di reni, di cuore, un punto di riferimento meno dispendioso di un albergo e particolarmente vicino agli ospedali d’interesse.


Non è certo un servizio che può interessare chi vive a Cagliari città. Interessa invece coloro che provengono dal resto della provincia, dalle altre province sarde, dal resto dell’Italia, dal resto del mondo, cosa che mi richiama al famoso proverbio “nemo propheta in patria” (nessuno è profeta nella sua patria). È certo che non tutti vogliono ammettere (a qualcuno sembra quasi uno scherzo e ad altri una cosa impossibile) che a Cagliari esiste una professionalità, in alcuni campi della medicina, tale da richiamare pazienti anche dall’Australia, Inghilterra, Germania. Ho visto una classificazione per zona d’origine degli ospiti della Casa Lions che si sono avvicendati negli anni. Da cagliaritano, aldilà del fatto che preferirei che di certi mali non se ne parlasse mai più, è stato motivo d’orgoglio verificare il grado d’attendibilità e serietà professionale che i nostri medici si sono guadagnati oltre i confini dell’isola.
La Casa Accoglienza è stata costruita proprio di fianco all’ospedale oncologico. Nelle immediate vicinanze troviamo l’ospedale microcitemico (trapianti di midollo), il Brotzu (trapianti in genere).
25 stanze, di cui 4 predisposte per i disabili, atrio-reception, uffici, soggiorno-pranzo, bar, cucina (particolare: ogni ospite può cucinare personalmente il suo pasto o utilizzare un servizio di ristorazione esterna), Cappella consacrata, servizi (altro particolare: lavanderia a disposizione degli ospiti con lavatrici e reparto stiratura), magazzini, terrazza-solarium.

Sono i Lions a gestire il tutto?

- No, perché non siamo un ente giuridico. Una volta terminato di costruire il fabbricato valutammo se affidarne la gestione a qualche organismo esterno o creare un’associazione per l’amministrazione della casa. Fu scelta la seconda ipotesi e creata un’Associazione O.N.L.U.S., ente giuridico senza fini di lucro, aperta a tutti e che attualmente gestisce e amministra la Casa Lions.

Con quali mezzi Vi sostenete?

- Per sostenere i costi, in particolare del personale, ogni ospite paga una modesta retta per se e per l’eventuale accompagnatore. Ad integrazione e supporto di questo ricavato, che comunque non è sufficiente, contribuiscono offerte spontanee e donazioni.

Presidente dell’Associazione Solidarietà e Servizio O.N.L.U.S. Franco Pitzus ogni giorno, anche se in pensione, è a disposizione degli ammalati. Il suo impegno non si esaurisce qui. Il più faticoso è quello di tessere le trame di relazione che possano fare affluire i fondi di cui l’Associazione necessita ovvero organizzare qualsiasi occasione per accendere la fiamma della solidarietà nei cuori della gente. Il prossimo anno spegnerà ottanta candeline, ma il suo fisico ancora atletico e la sua vitalità emotiva mi lasciano ammirato.
Nato a Macomer nel dicembre del ’26 si laurea a Cagliari in Medicina e Chirurgia. Inizia la sua carriera come universitario a Milano poi in Inghilterra, Firenze, Siena. Nonostante avesse vinto il primariato di Medicina di Grosseto rifiutò per tornare a Cagliari come assistente universitario e dedicarsi a questa carriera. Si pensionò da primario di Clinica Medica in Clinica Aresu.
Quando gli chiedo se preferisce che mi rivolga a lui chiamandolo Professore oppure Dottore esplode in una risata e risponde:

- Io sono pensionato, sono tornato semplice signore…

Non è falsa modestia, quella la conosco bene. È “modus vivendi”. Il suo altruismo lo proietta verso livelli di saggezza superiore, cui tutti dovremmo aspirare. Un solo obiettivo lo vede coinvolto: l’impegno quotidiano per la sua creatura e ne parla come farebbe un padre per un figlio che ama. Questa, per il Prof. Pitzus, è certamente una fatica ma anche una strada di vita, un sacro fuoco di speranza e solidarietà da tenere acceso, una responsabilità nei confronti di chi ha voluto affidargliela.

Chi leggerà questo articolo potrebbe volerVi sostenere con una donazione…

- Noi saremo lieti di accettare e ringraziamo fin d’ora chi vorrà farlo alle seguenti coordinate bancarie e postali:

BANCO DI SARDEGNA, Cagliari.
c/c 40070/8,
ABI 1015.7 CAB 4800.9

BANCAINTESA, Cagliari.
c/c 350591/80,
ABI 3069.2 CAB 4810.8

Conto Corrente Postale
Numero 18189092




Gianni Piludu
Il CAGLIARITANO febbraio 2005