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12 gennaio 2006

Orroli

Quando il mio editore mi chiese di scrivere un articolo per un numero monotematico di "Sulla 131" decisi di parlarne attraverso un racconto... e mi inventai: "Orroli e il segreto di tziu Efis."

Penso che sarà il primo di una serie che poi intendo raccogliere in una futura raccolta...

I commenti sono sempre graditi... Buona lettura.

Orroli e il segreto di tziu Efis.

Era la festa di Santa Caterina. Cavalieri, “traccas” (1) e trattori lasciavano spazio ai balli in piazza ed ancora una volta si rinnovava il rito de “su ballu tundu” (2) che coinvolgeva giovani, anziani e bambini. Seduto all’ombra, sorseggiavo una birra fresca e osservavo la vita intorno a me. A Milano ogni giorno inseguivo il tempo, tiranno e ingordo delle mie forze, ma qui sembrava si fosse fermato. E io ero fermo con lui. Forse era questo il segreto di Orroli e dei suoi centenari. Loro fermavano il tempo come facevo io in quel momento. Arrivò, improvviso, un forte profumo di salsiccia arrosto che aumentò la mia salivazione.
- Meglio qui o a Milano?
Era tziu Efis. Mi guardava attento e aspettava la mia risposta. L’odore della salsiccia, che avevo sentito, lo dovevo a lui che mi portava, in un piatto di plastica, alcuni pezzi di carne fumante e coperta di mirto.
- Non scherziamo! Qui la vita è un’altra cosa…
- Ma tu, per lavorare,sei andato via! Che lavoro fai?
- Conosce… sa cos’è un computer?
- Come no! Non capisco come si possano fare i soldi stando tutto il giorno a guardare un “televisore”, ma lo conosco. Come no! Lo conosco, lo conosco…
M’ispirò tanta tenerezza, abbozzai un sorriso.
- E lei, tziu Efis, lei come si guadagnava da vivere?
- Com’è più giusto: ascoltando la voce della terra e non guardando televisori. Ho cominciato a zappare a quattro anni e a pascolare pecore a sette. Mi sono sposato, ho fatto tre figli, mi sono costruito la casa e mi sono comprato qualche terreno da pascolo...
- E ora si gode il meritato riposo…
- Riposo? Io continuo a svegliarmi prima che il gallo canti e ogni giorno, prima delle sei, ho già salutato “Su Gaffu" e “S’Arrubiu” (3) dal dorso del mio asinello.
- Passeggiate dal mattino presto?
- Lavoro, figlio mio. Lavoro… il bestiame non aspetta che me.
- Alla sua età? Quanti anni ha tziu Efis?
- Sono del 1907. Fai tu i conti!
Amavo discorrere con lui e non lo vedevo così vecchio come, almeno dal punto di vista anagrafico, avrei dovuto vederlo. Capii che un uomo invecchia solo se, e quando, lo decide. Lui n’era la prova vivente.
- Novantotto! Lei ha novantotto anni?
- E allora? Spero di poter lavorare almeno per altri cinque o sei anni, prima di ritirarmi.
Mi strappò un altro sorriso e lo provocai:
- Allora è vero: il segreto dei centenari è quello di lavorare sempre, fino alla fine?
- Quale fine? La fine non esiste! Se ascolti la terra fin da piccolo come ho fatto io capisci molto più di quello che ti può dire un televisore. Ma tu vai in continente… vai! Poi torni qui ad Orroli per fare il “turista”.
- Un momento! Io sono d’Orroli come lei…
- Tu? Tu sei nato ad Orroli. Ma non sei d’Orroli. Tu, ormai, sei solo un “turista” che crede di essere d’Orroli. Io sì che sono d’Orroli! …e non lo so solo io ma anche la terra che calpesti, ricordalo!
- Ancora questa terra…
- Tuo padre è morto troppo giovane e non hai conosciuto i tuoi nonni ma se così non fosse stato ora mi capiresti…
- Perché non me lo spiega lei, tziu Efis?
Stette zitto. Dal taschino del corpetto estrasse un mozzicone di sigaro toscano. Lo passò da una parte all’altra della bocca con un abile ed esperto movimento di lingua. Nel frattempo cercava nelle tasche dei calzoni qualcosa per accenderlo. Lo anticipai offrendomi di aiutarlo col mio accendino. Mi fulminò con lo sguardo…
- Li conosci i Minerva?
- I fiammiferi?
- I Minerva! Quelli voglio, non l’accendino!
- Ma cosa cambia?
- Cambia che aspiro la benzina dell’accendino e non lo zolfo del Minerva. Lo zolfo è terra, ed è salute!
- Ancora?
- Ancora cosa? Non ti ho detto nulla e sto pensando se è giusto che te lo dica. Certe cose non si dicono ai “turisti”. Certe cose devono rimanere in casa.
Provai fastidio e lui se n’accorse. Risposi con tono seccato
- Tziu Efis io non sono un “turista”, lei lo sa bene!
- Non prendertela. Sono vecchio ma non stupido. Quelli che vanno in continente poi si vergognano di quello che hanno lasciato. Se io ti rivelo certe cose come posso essere certo che non le dirai ai continentali?
- Perché? Cosa potrebbe succedere se, facciamo il caso, dovessi parlarne?
- Verrebbero per uccidere ciò che per noi è sacro, come hanno sempre fatto! Come hanno fatto con i boschi, col mare, con le tradizioni… Tutti! Dai romani agli spagnoli ai continentali…
- Tziu Efis, non è esattamente così. I tempi cambiano e le persone pure. Alcuni valori importanti per lei, e per quelli come lei, lo sono meno per altri. La vita va avanti…
- Ne sei sicuro? Sei sicuro che la vita, come dici tu, va avanti? Bene. Ti aspetto domani mattina alle sei all’uscita del paese per andare a “Su Pranu” (4)
Girò di spalle e mi lasciò così, senza aggiungere altro, senza un saluto. Feci finta di nulla, ma prima che voltasse l’angolo gridai:
- Ci sarò!
La mattina successiva lo attendevo respirando aria frizzante. Per essere sicuro di fare buona impressione ero arrivato all’appuntamento da almeno un quarto d’ora. In realtà ero in giro dalle cinque e venti. Avevo scattato alcune foto e immortalato le chiese di San Nicola, di San Vincenzo Ferreri e di San Vincenzo Martire sfruttando la particolare luce del sole che sorge e senza il fastidio dei passanti, del traffico. Aspettavo e sorridevo all’idea di essermi fatto trascinare da tziu Efis e dalle sue fantasie. Proprio io che amo dormire fin tardi. Mi ero convinto d’essere lì perché era mio dovere dare a quest’uomo la soddisfazione della continuità culturale secondo le sue tradizioni, anche se, razionalmente, non condividevo. Ne avrei fatto tesoro in ogni caso. Non era mia intenzione sottovalutare quanto, in fondo, faceva parte delle mie radici e di una parte di storia che la mia famiglia, per forza maggiore, non aveva potuto trasmettermi per tempo.
- Aspetti da molto?
- No tziu Efis. Sono appena arrivato.
- Non dire bugie! Sei arrivato da un quarto d’ora, ti ho visto.
- E mi ha fatto aspettare?
- Ti avevo detto alle sei! Le sei sono ora, siamo arrivati insieme.
- Chi?
- Io e le sei!
Certi aspetti caratteriali non si devono combattere, si accettano e basta. Pensai:
- Chissà come mi comporterò io, se mai dovessi arrivare all’età di tziu Efis…
Per questo mi venne da sorridere. Saliti sulla mia auto ci dirigemmo verso l’uscita del paese. Cercai di imbastire una conversazione…
- Quanti centenari conta Orroli?
- In questo momento? Quattro. Ma ne stanno per arrivare altri due, poi toccherà a tziu Efis…
- Glielo auguro di cuore. Se continua così non ho dubbi…
- Così come? Ritorni sulle tue convinzioni? Ho novantotto anni e nella mia vita non ho visto che questi monti, mai il mare… ci pensi? Io, che sono nato in un’isola, non conosco il mare. E allora? Ora che hanno fatto due laghi, il Mulargia e il Flumendosa, anche io ho il mare… ma quello che intendevo è che ho ancora tante cose da fare e da vedere. Questo mi aiuta a vivere di più e meglio.
Lecci e roverelle, molte delle quali secolari, e grossi massi erratici di basalto compatto e poroso descrivevano, intorno a noi, il paesaggio della mia infanzia, nulla sembrava cambiato. A parte la novità del parco “Su Motti”, che certamente offriva uno stimolo turistico importante, tutto era come un tempo. Glielo dissi.
- Non si chiudono le case delle fate (5) in un recinto. Ti piacerebbe se lo facessero a te? Io dico che quello che fai alla terra la terra te lo restituisce, sempre! Nel bene o nel male…
Dopo quest’osservazione, che per i toni con cui la fece mi turbò, parlò poco, quasi per niente.
La direzione, quella de "Su Pranu", rendeva inevitabile capire che eravamo diretti verso il “Nuraghe Arrubiu”. Una volta scesi dalla macchina assecondai subito il suo passo, più lento, fingendo di interessarmi alla natura circostante in attesa che il suo umore migliorasse. Poi, d’un tratto tziu Efis ruppe il silenzio:
- Lo vedi?
- Beh! È impossibile non vederlo.
- Sai quanti anni ha?
- So che gli studiosi hanno capito che è stato costruito tremilacinquecento anni fa.
- E sai perché il recinto ha cinque lati?
- No! So però che è l’unico nuraghe costruito in questo modo.
- E c’è un motivo. Ora lo scoprirai…
Pensai immediatamente ai risvolti mistici che ebbero, in passato, certi simboli geometrici e in particolare al collegamento del pentagono col pentagramma. Mi venne in mente l'episodio dell'incantesimo contenuto nel primo Faust di Goethe, l'Urfaust. Sicuramente tziu Efis aveva ereditato qualche ridicola credenza che sposava queste teorie e già pensavo a come non ridergli in faccia. Arrivammo in prossimità della Torre C. Tziu Efis si sedette su una pietra ed estrasse dal corpetto un rosario, poi cominciò a recitarlo in solitudine bisbigliando le parole. Io, per rispetto, mi misi in disparte e iniziai l’attesa. D’un tratto apparvero, come dal nulla, tre donne e un uomo molto anziani: erano i quattro centenari di Orroli. La più anziana tra loro, tzia Elena, si rivolse a me con un tono dolcissimo e mi disse:
- Tu ti sei perso, hai perso le tue radici. Ora dimmi: vuoi ritrovarle? T’interessa o preferisci la vita che hai scelto?
- Io non capisco cosa vuole dirmi. Non capisco lei e non capisco tziu Efis…
Ero in uno stato confusionale. Avrei giurato che tzia Elena fosse, a tratti, trasparente. Forse era un gioco della mia mente. Forse mi ero fatto un po’ prendere dall’alone di mistero e di magia a cui mi aveva condotto tziu Efis. La donna riprese:
- Entra dentro e arrampicati. Portati sopra, sul mastio centrale. Devi dominare la vallata.
- Che cosa succederà?
Tziu Efis alzò la voce e duro e seccamente mi urlò:
- Sei un “turista” o un orrolese? Vai per Dio! Vai e stai zitto!
Una volta sopra guardai verso il basso e vidi che i centenari e tziu Efis si posizionavano ai vertici del pentagono. Ebbi un brivido. Tziu Efis mi gelò con la sua voce:
- Giuseppe Locci, figlio di Fiorenzo, figlio di Agostino sei pronto?
- Pronto per cosa?
Replicai. Tziu Efis s’imbestialì e mi urlò:
- Sei pronto o no, per Dio?
Mi arresi. Feci cenno con la testa che intendevo continuare. Non li vidi più. Intorno a me, come in un film che scorre all’indietro, il paesaggio mutava a ritmi incredibili. Si alternavano le stagioni e i colori, scomparivano e comparivano mulattiere, animali, persone… cominciai a piangere come un bambino. Ero terrorizzato e non sapevo come uscire da questa situazione. Poi tutto cominciò a rallentare e giù, davanti a me, vidi mio nonno paterno, nonno Agostino, vestito con l’antico costume orrolese. Avevo visto il suo volto tante volte nell’unica fotografia rimastami che lo ritraeva. Sorridente mi tese la mano. Scesi dalla torre per andargli incontro. Mi carezzò il viso con mani ruvide e callose. Una canuta barba lunga e ingiallita dalla nicotina nei baffi, ma curata, incorniciava un volto tenero e sorridente. Era poco alto. Chissà perché lo immaginavo più alto.
- Nonno…
- Giuseppe! Ho poco tempo, devo andar via subito. Devo dirti una cosa importante e sono qui per questo.
- Ma nonno… non ti ho mai conosciuto e già mi lasci? Io non ti conosco…
- Nel tuo tempo! C’è un altro tempo che ti permetterà di conoscermi e non solo me… Ora vivi il tuo, poi vedrai il mio. Devi ascoltarmi…
Si volse verso il nuraghe e me lo indicò:
- Gli antichi ci hanno lasciato quest’eredità: una porta tra i nostri mondi. Non lasciarla in mano ai distruttori. Questa terra è sacra e non deve finire in mano a persone che potrebbero distruggerla. Tu devi tornare in paese, devi vivere qui e devi impegnarti a difendere questa terra e questa porta.
Fissò il mio sguardo prima di continuare…
- Tziu Efis ti ha scelto per diventarne il guardiano al posto suo. Lui tra sei anni ci raggiungerà e tu, per allora, dovrai essere pronto.
- Ma cosa devo fare?
- Sarai istruito in merito. Sappi che nessuno dovrà costruire qui intorno, nessuno dovrà saccheggiare o distruggere la sacralità di questo luogo che dovrà essere rispettata. Tu ne sarai responsabile.
- Ma come faccio? Io a Milano ho un lavoro, una casa, un futuro…
- Il tuo futuro è questo e il pane non ti mancherà. E neppure una famiglia. Tra cinque anni avrai un figlio maschio che chiamerai col mio nome.
Ma non ci furono spazi per ragionamenti o repliche. Svanì lentamente dicendo:
- Ciao Giuseppe. Noi ci sentiremo altre volte. Devo andare.
Non feci in tempo a dire altro. Da allora sono tornato qui. Sono diventato un orrolese e non sono più un “turista”. Questa sera ho accompagnato tziu Efis alla sua ultima dimora e domenica ci sarà il battesimo di Agostino, il mio primo figlio. Sono diventato il nuovo guardiano e la cosa mi piace. Ogni tanto vedo nonno e ho conosciuto anche mio padre. Ora, al tempo, non do più lo stesso valore di prima. Il tempo, per me, è come se non esistesse proprio. Anzi: il tempo non esiste più. Sono ad Orroli.


(1) Carro per le feste addobbato con drappi colorati, fiori, ghirlande di mirto.
(2) Ballo tradizionale la cui figura principale e il cerchio. Un’evoluzione del "Ballu Anticu". Su ballu tundu, come dice la parola stessa, era eseguito in circolo.
(3) Nuraghi. Il nuraghe Arrubiu è il più maestoso e imponente complesso nuragico esistente.
(4) Altopiano d'Orroli
(5)Domus de Janas