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30 dicembre 2005

POETTO

Odio.



Chi conosce questo sentimento sa quanto catturi la nostra anima, la nostra mente.
È un sentimento troppo forte.
S’impadronisce di noi al punto da confondere la mente, da portarci a reagire a situazioni ed eventi in maniera incontrollata e in contrasto col nostro abituale modus vivendi.

Sul vocabolario Devoto/Oli l’odio viene così definito:
“Risoluta ostilità che implica, generalmente, un atteggiamento istintivo di condanna associato a rifiuto, ripugnanza, costante desiderio di nuocere.”


Mi chiedo quanto odio ci vuole per ridurre la nostra spiaggia così.
Gianni Piludu

29 dicembre 2005

Luigi Fregapane

Spesso ospite delle radio e televisioni commerciali, nelle feste private, sui palchi delle piazze delle cittadine, grazie alla buona qualità delle sue "creature" (le sue canzoni e la sua musica) Luigi ( Louis) Fregapane, col suo gruppo “Los Pascià”, ha conquistato l'affetto della gente e l'attenzione dei media.
Quello che cerca, però, non è notorietà o fama. Quella è una via già percorsa e anche abbandonata. Luigi è un musicista vero e scrive perché è questo che gli serve per vivere e sentirsi vivo, perché vuole comunicare slegandosi dalla macchina dello show-business, perché ama sperimentare nuove vie. È convinto che la Sardegna offre possibilità interessanti per qualsiasi artista.
La musica è il suo ponte con il mondo esterno e gli permette di comunicare con chiunque. A Baradili, il paese più piccolo della Sardegna (100 anime), ha stabilito la sua residenza insieme a Franco, altro componente de “Los Pascià” e vecchio amico di famiglia. Nella casa che hanno acquistato trovano posto uno studio di registrazione e la sua voglia di pace e serenità.
Ha iniziato a scrivere e interpretare in sardo canzoni dolcissime. Ascoltando "Madre celeste", con le launeddas di Orlando Mascia, capisco quanto Luigi ha bisogno di esplorare nuove strade. Ha scritto canzoni di successo, ha fatto parte di gruppi storici della musica italiana, ha suonato con musicisti di talento e fama anche internazionale fino a quando, dopo un periodo di riflessione, ha deciso di staccare la spina. Tutto, intorno a lui, doveva essere rivisto. Sentiva il bisogno di allontanarsi dalla frenesia quotidiana della grande città e di sentire da vicino il suono del silenzio, le sue armoniche.

Le sue origini...

E' nato a Torino il 9 gennaio del ‘57. Il padre era originario di Agrigento, poliziotto, chitarrista. La madre invece, era sarda: di Benetutti. Quando se n'è "andata" qualcosa lo ha spinto fin qui, per riscoprirsi, per trovare le sue radici...

Il padre chitarrista fu la molla iniziale, poi gli esordi nelle cantine torinesi e le prime sperimentazioni. Fondò il primo gruppo nel '74: i "Louis Brothers", specializzato in musica rock e nel blues. Nel '78 con unauna nuova formazione, i "Tequila", arrivò la prima incisione: "Vamos amigos". Il gruppo era votato al funky jazz. Dentro Luigi, però, c'era voglia di fare un salto di qualità importante. Voleva suonare con musicisti di talento. Voleva crescere.

L'anno degli incontri importanti fu il 1980. Per un breve periodo entrò a far parte del famoso, per l'epoca, gruppo "Le Arti e I Mestieri". La formazione comprendeva Furio de Chirico, batterista di rara espressività, Gianfranco Gaza, voce solista di grande estro, Arturo Vitale, sassofonista tra i più richiesti in sala d'incisione, che suonò anche per Mia Martini. Sempre nello stesso anno un tour di 22 giorni in carovana con Dizzy Gillespie e le prime esperienze in sala d'incisione come turnista (professionisti che sono pagati per suonare in sala d'incisione) insieme ad Aldo Valente, gran tastierista e arrangiatore. Fare il turnista gli permise di conoscere i “Nuovi Angeli”. Ne diventò il chitarrista e con loro divise tre anni di piazze, successi e tanta televisione.
Poi nel 1985 il primo disco da solista: "Magic Dance" che fu inserito in una compilation di Radio 105 Network. Questo fatto lo avvicinò ad Alberto Radius con cui iniziò a collaborare. Un secondo singolo, "Computer Soul", e un terzo, "Rock Mumbling Cha Cha Cha", confermò un discreto successo di vendite.

Nel 1987 l'aggravarsi della malattia di sua madre lo costrinse a starle più vicino.
Con lei si trasferì da Torino a Finale Ligure.
Fu l'occasione per riavvicinare un amico di famiglia, Franco Meloni (originario di San Gavino Monreale/CA), con cui porta avanti il progetto Los Pascià. Intanto pubblica altri due brani: "It's somebody" nell'87 per la Magic e una cover,"Hava Nagila", nell'88 per la DigiIt insieme ai "Nagila Sound".

Nel '94 grande successo di vendite con "Il cammino del cuore" che ha scritto per Fausto Leali (album Anima Nuda). Il brano, tradotto anche in lingua spagnola, scalò le classifiche di vendita regalandogli molte soddisfazioni, anche economiche.

Momenti di difficoltà economica lo hanno costretto al passo di vendere alcune sue canzoni rinunciando ai diritti d'autore, com’è successo a molti. Sono state ben pagate, ma il successo delle vendite gli avrebbe dato soddisfazioni economiche più importanti.

Io conosco i titoli di alcune di queste e mi viene un crampo allo stomaco se penso a quanti soldi avrebbe incassato coi diritti d'autore. Non sono autorizzato a rivelare nulla perchè Luigi ha firmato liberatorie e atti di rinuncia che glielo impediscono e non sarebbe legalmente opportuno.
Beviamoci un caffè sopra, magari nero e bollente, e non pensiamoci.

Il rientro in Sardegna...

Grazie alla tv satellitare vide Baradili durante una puntata di "Per la strada", su Sardegna Uno. Contattò Gennaro Longobardi, con cui in seguito collaborò a più riprese, perché voleva visitare il paese. Con Franco decise di venire ad abitarci.
Back in life...

E' diventato padre due volte: di Francesca la più grande, che è sarda e ha 21 anni, e di Zhu che ne ha 20 e vive in Costa d'Avorio.


Ha appena pubblicato un Cd dedicato a Baradili, "Bobadri", pubblicato da Franco Madau con etichetta CIRCHIOLLA e terminato la colonna sonora per un cortometraggio girato qui in Sardegna, per la regia del cagliaritano Roberto Putzu, basato su uno dei racconti del libro che sto per pubblicare per la GIA COMMUNICAZIONI.
Cura le musiche e gli arrangiamenti per i testi d’alcuni artisti locali.
Migliorando la conoscenza del sardo e sfruttando gli antichi suoni della Sardegna cura la propria crescita musicale in ambiente etnico.
Gianni Piludu

Fra Nazareno.


Erano quasi le ventidue di un sabato di febbraio, il ventinove, del 1992.
Rendeva l’anima a Dio, a ottant’anni, un frate, dopo una vita austera e ricca di preghiera, conosciuto col nome di Fra Nazareno.
Il suo vero nome era Giovanni Zucca ed era nato a Pula (CA) il 21 gennaio 1911 da una coppia di contadini. Per la gran povertà che conobbe fu costretto, fin da bambino, a lavorare e sostenere col suo aiuto la famiglia ma soprattutto a rinunciare agli studi. Questo non gli impedì di avvicinarsi alla preghiera. Anni accompagnati da rigore morale e attenzione alla parola di Dio che gli permisero di compiere i primi decisivi passi per la sua crescita spirituale.
Nonostante fosse un bel ragazzo, come racconta chi lo conobbe giovanissimo, non si fece sedurre dalla possibilità di approfittarne.
Nonostante le tante occasioni.
La guerra in Etiopia lo vide soldato orgoglioso di servire la patria. Terminata la guerra decise di restare in Africa per iniziare una propria attività di commercio.
Fu una piccola parentesi perché lo scoppio della seconda guerra mondiale lo vide indossare ancora una volta la divisa e finire, addirittura, prigioniero in Kenya. Furono cinque terribili e interminabili anni di prigionia.
Alla fine della guerra decise di rientrare in patria e abbandonare ogni proposito di insediamento in terra d’Africa. Una volta a casa si diede da fare per trovare un lavoro e qualche tempo dopo fu assunto alla S.I.T.A. (ora ARST).
Iniziò per lui un percorso di vita normale che, secondo la prassi più comune, avrebbe dovuto creare le condizioni per crearsi una famiglia, comprare una casa, avere dei figli. Il suo sarà un destino diverso. In tutti questi anni, fin dalla fanciullezza, la preghiera era una costante quotidiana della sua esistenza ma già dal suo ritorno dall’Africa qualcosa era cambiato: sentiva di dover fare qualcosa di più, era la “chiamata”, era Dio che reclamava, secondo il ricordo delle sue parole, che lui diventasse servo suo. Tutto divenne più chiaro a seguito di un incontro che lo indirizzò definitivamente verso una strada di vita dedicata al prossimo e a Dio: un viaggio a San Giovanni Rotondo, un incontro con Padre Pio e la sua vita cambiò per sempre.
Viveva d’elemosina e preghiera, distribuiva le sue “famose” caramelle e aveva una buona parola per chiunque. La gente amava aprirgli il proprio cuore come fosse un sacerdote, confessando ogni pena dell’anima e confidando nella sua parola… non sempre gentile, a volte tagliente.

Forse sarà beatificato. Forse un giorno sarà possibile parlare di lui come Santo.
Si parla d’alcuni eventi straordinari che potrebbero favorirne la possibilità.
Perché no? Oggi si è già santi se si riesce a resistere alle tentazioni di una vita basata sull’effimero: apparire piuttosto che essere, avere piuttosto che dare, possedere piuttosto che dividere. Una vita francescana non cattura quanto la notorietà raggiunta in breve tempo con un reality show. Ecco quindi che personaggi unici come Madre Teresa di Calcutta o Fra Nazareno, il buon Giovanni, ci riportano, attraverso il loro esempio, a valori di formidabile forza e ad una filosofia, un esempio di comportamento, che da soli dovrebbero garantire, come non mai, il diritto ad essere chiamati Santi.
Anche senza miracoli di guarigione fisica.
A quelli provvede già bene la medicina ufficiale, con progressi sempre più da fantascienza.
Ora c’è tanto bisogno di guaritori d’anime, sempre più malate, sempre più moribonde, sempre più in coma, sempre più inesistenti.
Gianni Piludu
Il Cagliaritano Maggio 2005

26 dicembre 2005

Guidare e pensare... thanks music!



Guido piano.

Guido piano, e ho qualcosa dentro il cuore… che mistero, non so neanche dove andare…


Non male! Fabio Concato accompagna il mio quotidiano tragitto sulla 131, ci voleva proprio!131, One three one, uno tre uno… sembra una bibita!Eccolo là! “Attaccato al paraurti 2, la vendetta!” Ma è pazzo? Non li sopporto più! Ti arrivano alle spalle a centosessanta e lampeggiano ritmicamente i fari per chiedere strada… e guai se non ti sposti perché ti s’incollano addosso mettendoti l’ansia. E dire che basterebbe una frenatina da quattro soldi… e vedi che disastro. Ma no, quello non riflette: ha la Jaguar lui, figurati! E se non ha la Jaguar ma la Fiesta è lo stesso: c’è sempre un cretino che chiede strada in questo modo osceno. È proprio vero che la madre degli imbecilli è sempre incinta! Passa, passa… spero di non vederti schiantato da qualche parte. Delinquente!


Lei mi aspetta… si potrebbe preoccupare… meno male che c’è Concato!


E quell’altro? Fammi vedere un pochino… centodieci chilometri all’ora! Non male per un camion da 40 tonnellate! Pensa se decide di frenare all’improvviso. Ma no! Lui questo problema non se lo mette proprio… fino a quando non succederà! Poi invocherà la solita storia che è stata “una tremenda fatalità”. Dillo alla moglie di quel povero Cristo che hai ridotto a pezzi… Ma la POLIZIA dov’è quando questi assassini sono in giro? Che poi… che c’entrano loro? Il mestiere lo fanno. Non possono essere ovunque, purtroppo. Sono questi che sono furbi o almeno credono di esserlo.


Peccato che qui vicino non c’è il mare…


In compenso c’è la pioggia. Fantastico questo nuovo asfalto. Accidenti m’avete fatto scoppiare il fegato per mesi con tutti questi lavori in corso, corsie uniche, code di chilometri… però ne valeva proprio la pena! Rumorosetto ma efficace. Guarda là! Non si solleva uno spruzzo, non si vede una pozza a pagarla oro… fantastico! Sembra quasi non piova… Eh! Questa volta mi sento sicuro davvero. Mi sa proprio che dovranno fare in modo di completare tutta la mia “one three one” con questo metodo.


Guido piano…che mistero dopo il ponte…cambia il mondo…


Ma quale ponte? Son trent’anni che faccio questo maledetto incrocio a raso e il ponte non lo vedo ancora. Se facessero questo benedetto cavalcavia… ma che aspettano? Dimmi tu: costretto a rallentare fino a cinquanta chilometri all’ora per un incrocio a raso che non dovrebbe esistere, perché è un invito a morire. Ma no! Non si vede ancora! E c’è pure il rischio che domani mi mettano le mani in tasca per farmi pagare il pedaggio autostradale. Magari! Che ci provino. Che ci provino pure… ogni tanto si svegliano… che tornino a dormire.Cambiamo canale, vah! Facciamoci un po’ di compagnia con qualche voce amica. Questa no, questa neppure, questa neanche… e che diamine! Ma che gli prende a questi pazzi scatenati? Ma è possibile che sanno trasmettere solo discomusic? TUM TUM TUM TUM TUM…Ma quando lo capiranno che la radio oggi esiste soprattutto perché è l’unica compagnia per gli automobilisti? Ho bisogno di compagnia non di ritmo scatenato… a ballare ci andiamo sabato.E allora spengo!
Ogni giorno questi ed altri pensieri accompagnano il nostro tragitto. Spesso, durante il viaggio, lo spettacolo di un tramonto o i colori dell’alba ci ricordano che Dio esiste. Altre volte il grigiore delle giornate uggiose ci spinge ad accelerare per arrivare prima. E sbagliamo.La “One Three One” la percorriamo per lavoro, svago, necessità… non per morire, non per dare la morte. Domani cerchiamo di ricordarcelo tutti. Perché a casa c’è qualcuno che ci aspetta.


Lei mi aspetta… si potrebbe preoccupare…







Mi ritorni in mente...

Le autoradio moderne hanno una funzione strepitosa che chiamano autoscan. Bella cosa. Tu schiacci un tasto e automaticamente la sintonia si sposta alla ricerca di nuove frequenze, di nuove stazioni radio. Tu devi solo attendere. Ascolti qualche secondo quelle che trova e se non confermi di volerla continuare ad ascoltare ecco che ricomincia la ricerca. Intanto ti concentri sulla guida e non ti distrai. Tecnologia al servizio della sicurezza stradale. Sicurezza che aumenta quando puoi contare sui comandi al volante.
E allora usiamolo! Vai…
Accidenti che freddo... alla fine è arrivato! Pioggia e freddo.
Bruncu Spina imbiancato e Campidano "cancarato" ( intirizzito) dal freddo! E va beh! Ma io, caro freddo, ti frego... anzi: ti schiaccio! ...grazie a questo bel bottoncino che comanda il condizionatore d'aria. Tu lo schiacci, ...e io ti schiaccio!, e la mia vita cambia. Che gran bella invenzione! Vivi alla grande amico, goditi il meglio della vita!

(Pooh) Dammi solo un minuto...

...già: mi basta un solo minutino un soffio di fiato... Un attimo ancora... E sarà tutta un'altra storia. La mia storia, non certo quella di mio padre... o di nonno! Una storia fatta d’auto comode e veloci, di sicurezza e di qualche benefit aggiuntivo come l'aria condizionata.
Mi chiedo come facevano a viaggiare con un freddo così: c'è da morire!
E dire che la one three one papà l’ha percorsa su e giù per anni in moto...
La one three one, la Carlo Felice... La 131! Bah!

(Battisti) Si viaggiare...

Papà aveva una motocicletta che assecondava la sua giovanile esuberanza sportiva, una Bianchi 150 sport, e si faceva la Carlo Felice ogni fine settimana per andare a trovare mamma, a Norbello! Pioggia o vento, sole o freddo lui partiva. C'era una missione da compiere: un giorno grazie a lui, grazie a questi viaggi, qualcuno avrebbe potuto leggere questi miei pensieri... scusate se è poco!

(Formula tre) Ah l'amore questo folle sentimento che...

Giubbotto in pelle pregiata, caschetto (anche lui in pelle) con prese d'aria per le orecchie, realizzate con borchie in ottone, occhialoni antivento sorretti da un elastico che, dietro la nuca, veniva bloccato da un occhiello munito di "bottone automatico" (li chiamavano così) di sicurezza, guanti, sciarpa... praticamente Francesco Baracca in tenuta di volo!
No, no! Molto meglio così...
Ahhh! Il tiepido calore che t'arriva ai piedi...

(Bennato) Quanta fretta ma dove corri...

Poi non parliamo della strada! Anzi no: definiamolo percorso, è più corretto. Eri obbligato ad entrare in tutti i paesi attraversati da questa lunghissima e unica arteria stradale che collegava Cagliari a Sassari. Per questo fatto la strada principale di quei paesi ancora oggi si chiama Via Carlo Felice. Viaggi interminabili e chili di stanchezza.
Ma siamo pazzi? Certo non sarà una vera autostrada ma almeno ora ad Oristano ci arrivo in un'ora, non in tre... incidenti stradali permettendo, limiti di velocità permettendo, incroci a raso permettendo, posti di blocco permettendo, condizioni meteo permettendo, rifacimento dei manti stradali permettendo....

(Baglioni) Io ti odio, ti odio, ti odio...





Finché la barca va...

Domenica mattina. Avrei voglia di riposare di più, ma ho pianificato una bella gita con lo scopo di cercare funghi. Le piogge recenti m’incoraggiano a sacrificare il sonno pur di sfruttare la possibilità di portarne a casa qualcuno. Si tratta di percorrere qualche chilometro di "one three one" prima di regalarmi alcune ora di salutari passeggiate tra i fitti boschi... E se funghi non dovessi trovarne? Pazienza: avrò respirato aria salubre e fatto, finalmente, un pochino di moto.
Cestini, coltelli, una busta di plastica per le bacche di mirto, scarponi, una bottiglia d'acqua, una merendina: ho preso tutto! L'aria mattutina è frizzante e il motore della mia auto risponde al primo invito. Indosso le cinture di sicurezza e l'auricolare per il "cellulare", regolo il sedile di guida e sintonizzo l'autoradio su un canale musicale. Ok! Si parte!
Ahh... la 131 di domenica si percorre meglio. Traffico più snello, assenza di mezzi pesanti. Una passeggiata!

( Lucio Battisti ) Luci... Ahh! Luci... Ahh!

Accidenti è vero: le luci! Per l'ennesima volta non ho acceso i fari! Meno male che ho acceso la radio, meno male che c'è Battisti... Che rottura però! Se mi avessero beccato oltre la multa mi avrebbero addebitato qualche punto sulla patente. Sai che gioia! No… no, non mi abituerò mai! Forse sarebbe stato meglio obbligare l'accensione dei fari anche in città. Non capisco per quale ragione hanno distinto le cose. Mah, chi ci capisce più qualcosa? Io tutta questa sicurezza in più non riesco proprio a vederla, neanche sforzandomi.

( Renato Zero ) Il triangolo no!... Non lo avevo considerato...

...e quello che fa? Andiamo bene! Andiamo a tema con Renato Zero, proprio! Ma tu guarda: non ha posizionato il triangolo per segnalare che è rimasto in panne e non indossa neppure il giubbino catarifrangente previsto per legge. E neppure la signora che è scesa dalla macchina lo indossa! E io che mi ponevo il problema della mia incuria. Come si può, dico io, dimenticare di posizionare il triangolo... Passino i giubbini: è una disposizione di legge troppo recente, ma il triangolo! Il triangolo no!

( Nico Fico ) Togo, sei proprio troppo togo...

Questo invece dev'essere allievo di Nico Fico, bontà sua! Un fuoristrada da 90.000 euro con gommone da 30.000 euro su carrello a doppio asse da 13.000 euro che sorpassa a 130 all’ora! Eh si! Sei proprio troppo togo…come dice la canzone. Casomai dovesse succedere qualcosa ci metteremo il problema al momento, NEVVERO? Per ora godiamoci il piacere del successo economico personale (beato te!) e, soprattutto, facciamolo notare. Spero che ti becchi una pattuglia e che ti faccia rimpiangere d’essere uscito di casa…

( Orietta Berti ) Finchè la barca va… tu non remare…

Ecco! Appunto. Il teorema su cui hanno costruito “l’italiano dell’italietta”. Che necessità c’è di seguire le regole? Fin quando mi va bene ci do che ci do! E lui che fa? Ci da che ci da! Ma non mi voglio inquietare. Voglio rilassarmi, semmai… mi aspettano i miei funghi e non vedo l’ora di arrivare, parcheggiare e di mettermi alla Ricerca del Fungo Perduto… perché, se mi va bene, vedrai che cenetta questa sera! Si tratta di pazientare ancora un pochino e poi di non farsi venire l’ulcera per tutti quei bossoli che quelli che si professano “cacciatori veri”, quelli che dicono d’amare e rispettare la natura, mi faranno trovare, come souvenir, tra un arbusto e l’altro. Se va bene tre bellissimi bossoli a metro quadro, in tutto il loro splendore fatto di plastica e ottone! Ma non preoccupiamoci oltre: tanto entro i prossimi duecento anni la natura li avrà assorbiti ed eliminati per sempre. Che costerebbe, dico io, portarsi dietro una busta per raccoglierli e poi gettarli nel bidone della spazzatura?

( Loredana Bertè ) Non sono una signora!... Ma una per cui la guerra non è mai finita…

Probabilmente è questo il problema: non è da azione da vero uomo. Eh già: Non siete signore! I veri uomini non fanno le pulizie neanche tra i monti, anzi: neanche morti! Però… però… se rimborsassero qualche cent a bossolo si risolverebbe qualcosa? Già me li vedo in fila per riscuotere ma, soprattutto, mi vedo felice tra i monti senza quella sozzeria davanti agli occhi. Che bel vantaggio per la natura. Che passo avanti per l’ Homine Cassadori…
Siamo arrivati vah! Parcheggiamo e andiamo a passeggiare tra i monti. Oh oh!Le ultime parole famose: neanche parcheggiato e loro sono lì, per terra, in tutto il loro splendore: “La rivincita dei bossoli 4: siamo tornati!”.
Fammi spegnere l’autoradio, vah!

( Claudio Baglioni ) Passerotto non andare via…

Macchè non andare via! Scappa proprio e mollali al loro destino… che forse ci guadagniamo tutti!



Gianni Piludu

La voce del Bastione...

Anni '60. Cagliari per me significava negozi, grandi magazzini, il porto e le sue navi, il gran traffico, i portici di Via Roma e la vita frenetica della città.
Venivo da una vicina frazione dove il silenzioso corso delle giornate era accompagnato dai rintocchi delle campane: alle otto, a mezzogiorno e alle cinque del pomeriggio. Strade, spesso non ancora asfaltate, erano teatro di giochi spensierati tra ragazzini. Schiamazzi e urla, a volte, richiamavano i rimproveri di qualche austera signora che brontolava e che noi, insolenti ragazzacci di strada, ci divertivamo a stuzzicare.
Cagliari: la città!

Andarci era quasi una gita, una vacanza.
Cagliari, da 23 anni, è ormai la mia città, ci vivo.
Un quarto di secolo durante il quale assetti che sembravano inamovibili hanno lasciato il posto a mutazioni profonde sia del paesaggio che del cittadino e delle sue abitudini.
La nostra vita è inseguita da eventi, apparentemente innocenti, che, al contrario, cambiano radicalmente le nostre abitudini in un modo che non avremmo mai immaginato. Per fare un esempio pratico mi viene in mente l’invenzione dell’SMS. Ha superato le attese di chi l’ha concepito cambiando il modo di comunicare, soprattutto tra i giovani, e generando flussi di denaro spaventosi, oltre ogni aspettativa, alle società telefoniche. Nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe diventato un fenomeno di costume.
Torniamo a Cagliari e facciamo il punto della situazione.
Quanto ha cambiato le nostre abitudini la "grande distribuzione"? Ci vogliamo pensare?
E’ solo una delle importanti mutazioni degli ultimi venticinque anni che, per inciso, non ha interessato solo la nostra città. Da una parte si creano le condizioni, per il cittadino, per acquistare a prezzi molto convenienti in strutture mastodontiche. Alcune decine di posti di lavoro. Un grande business.
Dall’altra parte piccole attività ( interi nuclei familiari che lavorano) scompaiono fagocitate dal grande business: il lattaio sotto casa che chiude ( al suo posto nasce un pub); il negozio di generi alimentari che sparisce e al suo posto nasce un circolo ricreativo associato AICS ( ma sempre un pub!); il panificio che fallisce e al suo posto un locale "alternativo" associato Arcigay (ancora un pub!).
Poi cominciano a chiudere i battenti illustri e storiche attività in Via Manno e Via Garibaldi. Al loro posto? La periferica "Grande Distribuzione".
Queste strade non hanno lo stesso traffico pedonale che i miei ricordi da bambino mi rimandano.
I cinematografi... Oggi: le Multisale! Dobbiamo parlarne?
Vaste aree di parcheggio per accogliere fiumane di persone che consumano le prime visioni insieme a salatissime (un patrimonio!) consumazioni a base di pop-corn e cola (manco si trattasse d’aragosta e vermentino DOC).
Ma dopo? Tutti a casa in macchina. Niente più passeggiate sotto i portici di Via Roma magari sottobraccio e con i figlioletti che ti girano intorno, mentre ti gusti un gelato artigianale.
Il prezzo del progresso o l'alienazione della socializzazione? (che fa pure rima oltre che paura).
Sotto casa oltre al latte trovavi un sorriso e col pane portavi a casa il profumo dell’"appena sfornato". Ora è solo una corsa col tempo, senza odori e sapori, e la cassiera, ammesso che ti sorrida, è l'ultimo scoglio prima della corsa verso la libertà. Uscire da quei casermoni stracolmi di persone, di chiasso e d’odori tutt’altro che buoni. La macchina da trovare nell’immenso parcheggio. Il “vù cumprà” da dribblare per non pagare il noleggio del posto dove hai parcheggiato (che lui ti aveva indicato all’arrivo e che tu avevi visto cent’anni prima) attraverso la compravendita di fazzolettini di carta (i “finanziariamente” meno impegnativi) che arricchiscono il sedile posteriore della tua vettura (sono ormai centottanta pacchetti che non consumerai mai!). Poi lo slalom per le strade cittadine sempre più sfasciate, sempre più rappezzate, sempre più ostaggio dei lavori in corso. Ai semafori, ad ogni semaforo, diventiamo sempre più insensibili al richiamo dei disadattati, degli zingari, dei “vu cumprà” e di ogni relitto umano (o presunto tale) ci si pari davanti.
Ignoriamo cartelli di cartone che raccontano di figli inesistenti ( o esistono davvero?), di fame arretrata ( ma a me sembra stia benissimo…), di povertà ( ma va a lavorare, va!)… perché non sappiamo più distinguere il vero dal millantato, perché ci si abitua a tutto ( anche alle miserie umane ), perché non se ne può più di tutta questa gente che turba la nostra privacy e ci costringe ad un confronto continuo con l’altra faccia della vita!
Riprendiamo fiato. Torniamo sotto casa nostra!
Sotto casa questi …pub accolgono, perlopiù, una gioventù che sfoga una noia mortale incisa nell’anima dalla totale assenza di comunicazione, a cominciare dalla propria famiglia. Risultato?
Parliamo tanto di droga ma i dati ufficiali denunciano una pericolosa incidenza dell'alcolismo proprio tra i più giovani. No comment!
Torniamo alla mia amata, alla nostra amata Cagliari.
Quanti di voi negli ultimi anni ha sollevato la cornetta telefonica, nel corso della notte, per denunciare un'attività chiassosa e schiamazzante sotto casa? Quanti hanno avuto soddisfazione? Perché non c'è rimedio? Come può accettare tutto questo una persona che la mattina deve andare a lavorare?
Ci sono persone che raccontano di essere state vittime di danneggiamenti alle proprie auto per il solo fatto che la pattuglia della polizia, chiamata per sedare gli schiamazzi, è intervenuta.
Piazza Yenne, alcuni abitanti della zona mi raccontano:

- Le forze dell’ordine arrivano con lampeggianti accesi, i ragazzi si defilano e dopo tornano più cattivi di prima. Se la prendono con le macchine, urlano, bestemmiano, sfasciano ciò che trovano e, a volte, incendiano i cassonetti della nettezza urbana.

Nomi niente, per carità! Nomi non se ne fanno: questi cittadini hanno già i loro problemi.
La forza pubblica dichiara ai giornali di essere subissata da telefonate che lamentano questo dilagante fenomeno che abbraccia parecchie zone della città: da Via Mameli a Via Molise, da Piazza Yenne a Is Mirrionis.
Transeat!
Quanti di voi sono stufi marci di scivolare sui ricordi canini lasciati, in dispregio delle leggi, sui marciapiedi… magari davanti alla porta del vostro palazzo? Quanti possono dire di vedere cani, spesso mostruosamente grandi, portati a passeggiare muniti della regolare, e obbligatoria, museruola? Perché devo aver paura di circolare per strada? Perché mi devo sentire in colpa? Io gli animali li amo! Sono questi stramaledetti padroni fuorilegge che non amo.
Ancora transeat!
Quanti di voi hanno gradito vedere certe scritte o disegni su mura, monumenti, panchine, autobus, pensiline, cabine telefoniche…( pardon si chiamano GRAFFITI METROPOLITANI altrimenti non sei a la page e offendi quei “figlidimammabbuona” che ti hanno obbligato a leggere FORZA ANNAMARIA sul portone di casa).

Quanti sono stanchi di vedere la città in mano ai barbari?
Cosa c'entra tutto questo "Bronx Style" con Cagliari?
Gianni Piludu
Il Cagliaritano Dicembre 2004

Moby....



Ormai era diventata parte del panorama portuale.
Si era incagliata su una secca in prossimità di Golfo Aranci. Sono trascorsi due anni.
Cagliari, dopo averla ospitata per un anno e mezzo, ne ha chiesto il definitivo sgombero.
La sua sarà una fine ingloriosa: demolita, fatta a pezzi…

Simone Massa


Almeno una volta nella nostra vita ci siamo ritrovati a pensare:
"Vorrei fermare il tempo, tornare indietro e cambiare tutto".
Simone, se potesse, esprimerebbe questo desiderio. Con lui lo farebbero i suoi familiari, i suoi amici...
Questa è una di quelle storie che aiutano a meditare sugli eventi che possono cambiare la nostra vita e quelle di coloro che ci vivono accanto.

Simone affrontava, a Firenze, un'esperienza nuova, intrigante, affascinante. Aveva diciannove anni, era un ragazzo particolarmente bello, con un forte appeal sulle ragazze, ammirato e amato per il carattere estroverso e cordiale che lo contraddistingueva. Svolgeva un’attività a tratti pericolosa: costruiva e smontava impalcature in tubi innocenti, quelle che permettono di utilizzare i ponteggi per il restauro delle facciate dei palazzi. Lavoro adrenalinico ma in sintonia con una naturale inclinazione per una vita piena di brio.
Simone adorava sentire il vento nei lunghi capelli se correva con la moto per le strade della sua amata marina di Arbus ed i suoi occhi, di un verde unico e intenso, ridevano come quelli di un bambino per la gioia di vivere con tale intensità la sua giovinezza.
Poi una notte del 1995, l’otto d'aprile, qualcosa cambia per sempre le regole del gioco…
Simone a Firenze, città d'arte del continente, quella notte guidava un'auto.
Torniamo con la mente a quando eravamo ragazzi per capire cosa può significare per un diciannovenne tutto ciò: affermazione della propria indipendenza, essere adulto, grande.
Alla guida della vettura percorreva, in compagnia di un amico, le strade cittadine. Due luci in senso contrario, fari di una macchina poi scomparsa nel nulla, e forse la sua inesperienza nella guida, cambiarono, d'improvviso, il senso e i ritmi della sua vita e quella dei suoi cari. La vettura si schiantò sul muro di una casa sfondandolo.
Coma profondo.
Venticinque giorni dopo Simone si svegliò e tutti gridarono al miracolo. Si accesero le speranze: il ragazzo avrebbe compiuto 20 anni ad agosto, non era giusto.

Da allora sono trascorsi quasi 10 anni ma le cose non sono cambiate poi tanto. Simone vive in casa dei suoi genitori. Mi correggo: vive in casa con la madre. Il padre non c'è più, è morto tre anni fa. Forse non è riuscito a sopportare il peso di un dolore così grande.
Nel soggiorno della casa è evidente la presenza di un monitor da 14 pollici in bianco e nero che sorveglia, attraverso l’occhio di una telecamera, la vita di Simone. Sono inquadrate tre persone che si prendono cura di lui. Amorevolmente e con professionalità lo detergono, lo cambiano, lo stimolano a livello muscolare, ridono con lui e ci parlano… lui sembra capire, sembra condividere.
Ho davanti due donne: la madre e la sorella
Sentono l’enorme peso del dover assistere un ragazzo con una patologia come quella di Simone: una sindrome spastica che gli impedisce di avere una vita normale, che pretende un'azione continua di sorveglianza, che non gli permette di comunicare come una persona normale. Gli anni cominciano a sopraffare il fisico della madre: un’ernia del disco, l’asma, una calcificazione delle ossa delle anche.
La sorella di Simone mi conferma enormi progressi, da quel giorno in cui Simone si svegliò, ma anche una palese regressione intellettiva e che soffre d’ansia perché la sua condizione lo tormenta, lo deprime.
È tremenda, però, anche la vita dei suoi cari, prigionieri di questa situazione, schiavi d’amore per Simone ma distrutti da un’immane fatica fisica per poterlo accudire: solo durante la notte è necessario che la madre si alzi per aiutarlo a girarsi da un fianco all’altro almeno quattro o cinque volte. Di giorno, ma non tutti i giorni, intervengono i servizi sociali, ma non bastano. Per questo un accompagnatore, pagato, deve prestare la sua opera ogni giorno.
Ma i soldi non sono sufficienti: si spende più di quanto possano garantire la pensione d’invalidità civile e l’indennità d’accompagnamento.
C’è una frase della madre che mi ha colpito tanto e che chiarisce fino in fondo quale dramma accompagni la sua quotidiana e, umanamente parlando, sacrosanta voglia di vivere una vita normale: “…anche il medico mi ha detto che devo fare un viaggio per recuperare, perché anche io ho diritto alla vita… almeno per qualche giorno. Perché questa, da quel giorno, non è più vita…”.
Ho provato tenerezza per lei, la stessa che ho provato per il figlio.
Sul tavolo ci sono decine di fotografie che raccontano il passato di Simone: Simone sulla moto, Simone con la ragazza dell’epoca, Simone che bacia in bocca, con passione, una ragazza, Simone sommerso dagli amici…
Vorrei fermare il tempo, tornare indietro e cambiare tutto… ma non posso.

Sono trascorsi 12 mesi da allora.
Scrissi questo articolo per "Il Campidanese" del dicembre 2004.
Alcune settimane sono trascorse da quando un piccolo miracolo è accaduto: Simone si è svegliato!
Sorride, capisce, si siede... anche se non può deambulare.

Dio si è ricordato di lui. Grazie Signore.

La vita è un dono...